Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti... T. Terzani

Nel cuore del Giappone

Riprendiamo il racconto da dove ero rimasto, cercando di dettagliarlo maggiormente.

Mi trovo in un ristorante italiano adesso, e ci starò per una settimana, lavorando in cambio di vitto ed alloggio; il tempo libero non manca e ne approfitterò per regalarvi qualche parola in più sulla mia esperienza nel cuore del Giappone.

Da Morioka a Minamisouma la strada è stata lunga, tremendamente lunga, in Giappone, e specialmente nell’Honshu, fare tanti km è un’impresa, e non se ne riescono a fare mai più di 400 in una giornata, a meno di infrangere tutte le norme del codice della strada, senza contare poi che alle 6 è già buio.

Secondo il navigatore erano 350km, ma io ho allungato di proposito per osservare meglio la costa del Tohoku colpita dallo Tsunami (a riguardo ho scritto uno speciale che troverete in seguito a questo articolo), e così ne ho contati 390 al termine della giornata.

La sera, all’arrivo, Ohara san mi fa capire che la prima notte la passerò al tempio buddista di Hoshimi san: mi accompagna in macchina, meglio così, è già buio e il GPS forse non ha il waypoint nella corretta posizione.

Come arrivo trovo anche Akiko, che tramite Ogawa san aveva saputo del mio arrivo a Minamisouma e su facebook mi aveva promesso di farsi viva, e così ecco che mi saluta regalandomi un seti di “osembe”, snack giapponesi; io non ho niente da darle, e così dovrò impegnarmi a farle avere qualcosa prima di ripartire.

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Gli snack in Giappone hanno taglia…minuscola!!!

2 biscottini da pochi grammi l’uno confezionati perfettamente in un involucro invitante: qua in Giappone tutto è confezionato, confezioni dentro le confezioni, dentro a pacchetti più grossi…ma poi arrivi a scartare tutti i pacchettini che in fondo non ci rimane niente…ahhhhh!!!

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Andiamo all’Onsen, terme giapponesi (di nuovo!); sono in città, non credo che la sorgente sia termale, anche perché l’acqua odora un po’ di cloro.

A cena ci rechiamo presso un ristorante italiano, “Mario” come mio babbo, e ci divoriamo un set di tre primi, di cui uno “alla giapponese”, ovvero spaghetti con daikon (rafano giapponese) alga nori e tonno…beh, avrà infranto non so quante leggi della cucina italiana, ma non era poi così male!

E’ ora di dormire, la sveglia è puntata per le 6 di mattina, ora della preghiera buddista.

Al mattino ecco che mi si presenta il tempio Ganokuji in tutto il suo splendore: 1200 anni di storia, almeno all’esterno, mentre all’interno è stato ristrutturato recentemente da degli abili falegnami che hanno sede qua vicino.

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L’architettura della nuova porta di ingresso ricalca quella del vecchio tempio, e rimango esterrefatto dagli incastri, tutti a secco, del legname…è qualcosa di incredibile!

La sera precedente ho avuto modo di studiare anche qualche elaborato tecnico del progetto di questa porta, impressionante.

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Il tempio è situato al limitare del centro città; silenzioso, circondato dalla natura, sembra di vivere in un mondo a parte.

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Prima di pranzo Hoshimi san mi porta a fare un giro nella zona colpita dallo tsunami, mostrandomi ciò che è stato delle circostanze; terribile.

L’approfondimento, nell’articolo seguente.

A pranzo, dopo qualche km a bordo della sua Prius (qua in Giappone quasi ogni famiglia ne ha una, le auto ibride sono in voga) ci fermiamo presso un ristorantino che dall’esterno sembra una casetta bianco candido.

Anche qui si devono lasciare le scarpe all’ingresso, e ci si siede al tavolo stando praticamente in terra…al centro del tavolo c’è poi una “fossa” per riporre le gambe in posizione “occidentale”.

Hoshimi san ordina un “setto” (set) comprendente

  • Tempura di ebi (gambero), patata dolce, melanzana e zucca
  • Soba e salsa per soba
  • Sashimi (pesce crudo sfilettato) con riso e tamago (frittata)
  • Tsukemono (una sorta di marinatura) di daikon

  DSC03212 Fantastico, una scorpacciata da paura! E tutto ottimo, di qualità superba! DSC03213

Una nota esilarante: i soba, ovvero quella sorta di spaghetti in secondo piano, si mangiano intingendoli nella salsa soba (nascosta dal piattino dove sosta il porro tagliato a dischetti) e poi, prendendoli con le bacchette, bisogna portarli alla bocca e…risucchiare più forte che si può!!

Nel ristorante è un’eco continua di rumori strani, che da noi sarebbero volgarissimi e maleducati, qui è invece la norma, anzi, più forte risucchi e più gradisci.

Io ci provo, ma mi sbrodolo tutto mentre tento di imitarli, con i soba che penzolano da destra a sinistra appesi alle mie labbra…mentre cerco di non ridere per come sono impacciato e per come gli altri attorno emettano suoni così potenti mentre mangiano!!

Proseguiamo il giro sulla Toyota, e visitiamo la falegnameria dove si produce la carpenteria del tempio (che tra l’altro fornisce anche il tempio Kougenji di Hokkaido).

E’ uno spettacolo, nel laboratorio si entra senza scarpe (si, anche qui!!!) ed i falegnami sono di una meticolosità palpabile a chilometri di distanza, con una precisione nelle mani da far invidia ad un calibro.

E gli strumenti sembrano intonsi, mai usati, in ordine perfetto sul carrello.

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Torniamo al tempio, il tempo di vedere qualche foto insieme ad Hoshimi san che arriva Ohara san a prelevarmi per scortarmi a casa sua, dove starò 2 notti. Hoshimi san mi è piaciuto, una persona silenziosa, dal gran contegno, dai modi gentili.

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Durante il mio soggiorno al tempio avevo udito qualcosa che mi riportava la mente al tempo dei Samurai in Giappone, a proposito di armature, rievocazioni, storie…il bello è che proprio una di queste armature (originali, non cose da turisti!) l’avrei indossata io!!!

Ohara san ha uno zio che si occupa della vestizione dei cavalieri (pardon, Samurai) durante la rievocazione storica “Minamisoma Somanomaoai” che si tiene a luglio, dove decine di Samurai sfilano lungo la strada principale per poi darsi appuntamento all’ippodromo per ottenere il titolo annuale.

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Il pomeriggio tardi ci avviamo a casa di questo zio, e già mi attendono con tutti gli strumenti necessari a farmi sentire sulle spalle tutto il peso di un vero Samurai! (l’armatura è in effetti molto pesante!)

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Il corpetto è in lamina di ferro, mi va un po’ stretto, i giapponesi hanno corpi più esili degli europei.

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Dopo aver indossato tutte le protezioni necessarie (parastinchi, maglia di ferro sulle braccia, corpetto, gonnellino e casco), e dopo aver decorato il casco con quello che pare un demone giapponese, sono pronto per la sessione di foto…wow, fantastico!

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Da piccolo ero appassionato del cartone animato “I 5 Samurai” ed adesso che assomiglio ad uno di loro mi sento gasato!

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Il samurai (侍) era un militare del Giappone feudale, appartenente ad una delle due caste aristocratiche giapponesi, quella dei guerrieri.

Il nome deriva sicuramente da un verbo, saburau, che significa servire o tenersi a lato e letteralmente significa colui che serve.

Un termine più appropriato sarebbe bushi (武士, letteralmente: bu significa “marziale”; shi è l’unione tra il tratto basso orizzontale che indica il numero 1 e la croce il 10: l’unione di questi due segni rappresenta la conoscenza, quindi colui che discerne tutto, l’illuminato) che risale al periodo Edo.

Attualmente il termine viene usato per indicare proprio la nobiltà guerriera.

I samurai che non servivano un daimyō perché era morto o perché ne avevano perso il favore, o la fiducia, erano chiamati rōnin, letteralmente “uomo onda”, che intende libero da vincoli, ma assume sempre un significato dispregiativo.

I samurai costituivano una casta colta, che oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la loro professione, praticava arti zen come il cha no yu o lo shodō.

Durante l’era Tokugawa persero gradualmente la loro funzione militare divenendo dei semplici Rōnin che spesso si abbandonavano a saccheggi e barbarie.

Verso la fine del periodo Edo, i samurai erano essenzialmente designati come i burocrati al servizio dello shōgun o di un daimyō, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimoniali, per sottolineare la loro appartenenza di casta.

Con il Rinnovamento Meiji (tardo XIX secolo) la classe dei samurai fu abolita in favore di un esercito nazionale in stile occidentale.

Ciò nonostante il bushidō, rigido codice d’onore dei samurai, è sopravvissuto ed è ancora, nella società giapponese odierna, un nucleo di principi morali e di comportamento simile al ruolo svolto dai principi etici religiosi nelle società occidentali attuali.

Affascinante, la frammistione di principi rigidi e tradizioni forti come quelle del bushido e del samurai, ed il mondo giapponese moderno, così diverso e “fantascientifico”.

Torniamo a casa, una gran bella casa su due piani, recente, pulita e di buon gusto.

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La Madre di Yoshihiro ha preparato un’ottima cena giapponese a base di…troppe cose!!!

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Sulla tavola campeggia di tutto, dal miso al riso, dal sashimi allo tsukemono, dall’oden al toufu…è un’esplosione di sapori!

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Cerchiamo di scoprire la password della wifi, sembra una missione impossibile e così decidiamo di rimandare al giorno seguente; approfitto per dormire qualche ora in più appisolandomi presto.

La mattina riesco a vedere, seppur nascosta dalle nuvole, la mia prima alba giapponese: qui la luce comincia a comparire da dietro l’orizzonte già prima delle 5 del mattino!

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Appena alzato, la signora Ohara mi fa trovare in tavola, già pronta, la cena.

No, un momento…la colazione…la colazione??

Sembra così simile ad una qualsiasi cena/pranzo!!!

In Giappone per colazione si mangiano le stesse cose del pranzo o della cena; ahhh, quanto mi manca la colazione con biscotti, cereali, yogurt…e la mia dose giornaliera di zuccheri!!

Comunque, tutto ottimo!

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In mattinata facciamo un altro giro verso la costa, approfondendo il lato “marino”, dopo aver visionato alcuni video amatoriali a proposito dell’onda anomala generata il giorno del terremoto.

Prima di partire per la ricognizione mi chiedono se per pranzo mi andasse del sushi…gli faccio intendere che…”ma che domande sono, certo che si!!!”

E così per pranzo mi trovo di fronte a questa meraviglia…

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Un delizioso assortimento di sushi di cappesante, gamberi, granchio, ikura (uova di salmone), tonno, salmone etc etc…una mangiata da ricordare!

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Pomeriggio libero: il padre di Yoshihiro ci saluta (scusandosi!) per andare ad una cena con i vecchi compagni di classe, ed io mi rilasso sul divano mentre la signora Ohara non fa che continuare a portarmi succhi di frutta, frutta a fette, osembe, gelato…e va a finire che è ora di cena, oggi non ho mai interrotto l’attività masticatoria!!

Ci ritroviamo al ristorante di okonomiyaki con Akiko, suo marito, Ogawa san e Ohara san che mi ha accompagnato.

E’ ganzissimo: c’è una piastra centrale che occupa gran parte del tavolo, e dopo ordinazioni varie cominciano ad arrivare ingredienti freschi pronti per essere mescolati e posati sulla piastra.

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Questo ad esempio è un okonomiyaki, con pastella, cavolo e carne se non ricordo male, ed una volta pronto si guarnisce con salsa per okonomiyaki (molto simile alla salsa per tonkatsu), nori in polvere e katsuoboshi in polvere (praticamente pesce secco).

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Wow, che mangiata!

Tutti hanno bevuto un po’ troppo, così il marito di Akiko torna a casa in bici e Ohara san chiama un tassista per farsi guidare la macchina fino a casa…accidenti, gente seria i giapponesi, complimenti!

La mattina seguente Ogawa san arriva per portarmi al suo covo, mi sento più nomade adesso di quando ero in Mongolia, eh eh!

Saluto la famiglia Ohara, gentilissima e super premurosa, li ricorderò sempre con affetto e spero di poter tornare a salutarli.

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Con Ogawa san facciamo un giro in auto con direzione museo di storia di Minamisouma, dove vengono esaltate le emergenze naturali e storiche della città, in special modo la tradizione samurai e la rievocazione di luglio.

Ma la parte che più mi attrae è il parchetto tutto attorno.

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E’ ora di pranzo.

Non si fa che parlare di cibo, vero?

Beh, qua è tutto “nuovo” per me, anche se già conoscevo gran parte della cucina giapponese più famosa.

Oggi tocca al tonkatsu…mmm, è delizioso, fuori la croccantezza del panko e dentro la delicatezza della cotoletta di maiale.

Contorno di riso, miso, tsukemono di daikon e cavolo.

Tutto per 730Yen, praticamente neanche 6€, e sono pieno!

Per quanto riguarda il cibo, il Giappone è molto meno costoso dell’Italia, devo ammetterlo.

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Fine della giornata in auto, girovagando tra colline e mare, sempre alla ricerca del dettaglio che sbroglia la matassa di dubbi attorno al disastro dello Tsunami e del collasso della centrale Fukushima Dai-ichi.

Ma per parlare di questo ci sarà tempo nello speciale seguente.

Stasera tocca a me: mi è stato affidato il compito di preparare qualcosa di italiano, ok!

Qualcuno butta là l’ipotesi del risotto e così spolvero una ricetta che spesso viene proposta a casa mia dalla mamma – risotto alla zucca!

La preparazione non è semplice perché mancano alcuni ingredienti, quali parmigiano e riso per risotto (in Giappone ne esiste solo un tipo, sembra, a grano corto, e non è il top per il risotto); comunque no problem, con qualche adattamento riesco a tirar fuori un buon risotto all’occhio ed al palato!

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Ogni volta che mangio italiano sento che i sapori sono cambiati dall’ultima volta, mesi fa in Italia, ed i piatti sono molto più gustosi, un delirio per le papille gustative!

Mr Ogawa e Mr Ohara apprezzano ed io vado fiero di questa italianità.

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Purtroppo ogni storia ha un termine e la mia qui a Minamisouma è giunta a tal punto.

Le amicizie accumulate qui sono state tante, e tutti mi hanno accolto in casa loro come li conoscessi da molto, come vecchi amici, sono sbalordito, perché mi aspettavo il contrario dai giapponesi, riservati, timidi e un po’ timorosi degli estranei.

Akiko e Ohara san mi svelano che il mio carattere, il mio sorriso e la mia positività piacciono ai giapponesi, perciò nessuno ha mai difficoltà a darmi una mano, e mi confidano che questa sarà una caratteristica fondamentale quando sarò a Tokyo in cerca di impiego: sono contento per queste parole, mi mettono molto di buonumore.

Grazie amici!

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I km che mi separano da Mrs Shimura sono pochi, sui 160 circa, ne approfitto per fare una breve deviazione al Goshiki Numa Lake, uno scorcio in mezzo alla verdura del bosco dove si estende un laghetto carinissimo; peccato per la giornata non proprio bellissima!

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Sono curioso di vedere come sarà questo ristorante.

Quale ristorante??

Già, ancora non l’ho spiegato: starò una settimana da Shimura san, che gestisce un ristorante tutto da sola, e per giunta il ristorante è italiano!

In cambio di vitto ed alloggio lavorerò per lei come contadino, inserviente, cameriere, cuoco, lavapiatti…insomma mi darò da fare per rendere a Shimura san questi giorni un po’ meno pesanti e meno solitari (lavora qui da sola, e riesce a fare tutto questo a 76 anni, ha un’energia che a volte neanche io…!), per godermi la pace del lago Hibara e per apprendere qualcosa di più dalla frammistione di tradizione italiana ed atmosfera giapponese.

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Categories: 2014, Racconti di viaggio

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