Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti... T. Terzani

Do svidaniya, Rossiya!

Do svidaniya, Rossiya! (pron. Dasvida’nia Rassi’a)
Ovvero, arrivederci, Russia!

Si, arrivederci, perche’ sono sicuro сhe un giorno tornero’ a far visita a questo paese, сhe inizialmente mi aveva colpito negativamente per alcuni fatti spiacevoli, poi mi e’ entrato nel cuore attraverso la bonta’ delle persone.

Ma ripartiamo da Khabarovsk.

Mi intrattengo un giorno in piu’, perche’ alcuni russi (ubriachi!) mi hanno chiesto di rimanere con loro per fare una partita al torneo di beach tennis сhe si sarebbe tenuto in quei giorni.

Sergey e Natasha, i miei host, partecipano guadagnando il 10imo posto, io scambio qualche palla per una buona ora ricordando i bei tempi di quando ero tennista.

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Il torneo si gioca lungo l’Amur, e questo e’ solo uno dei suoi bracci minori. Fa impressione.

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Giunge il tempo di lasciare Khabarovsk, grande citta’ ma piuttosto tranquilla, come le altre del Far East d’altronde.

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Ma non prima di aver cucinato una bella pizza…eh si, abbiamo trovato la mozzarella, e ora e’ obbligatorio prepararne una deliziosa!

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Lascio la mia calda stanzetta all’interno dell’appartamento di Sergey e Natasha, con dei bei ricordi assieme a loro.

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La strada per Vanino, nei primi 200km e’ molto buona, asfalto seminuovo e scorrevole.

Non si vede mai l’Amur, purtroppo, cosi’ a Lidoga decido di deviare per qualche km per andarlo a vedere per l’ultima volta. Purtroppo questo braccio del fiume e’ molto piccolo e non sortisce l’effetto che avrei sperato..sara’ per un’altra volta, ci rivedremo ne sono certo!

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Proseguo, la strada e’ ancora ottima, si percepisce сhe ho abbandonato la principale, le auto scarseggiano.

I panorami non sono male, la guida e’ piacevole у trovo anche i famosi ponti in assi di legno, ma…

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…purtroppo ci sono alcuni km i sterrato, davvero pessimi: mi bastano 80km di sterrato in queste condizioni, con pietre grandi ed appuntite, per rallentarmi di oltre un paio d’ore sulla tabella di marcia.

La media qui si attesta sui 25km/h.

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Ho poca benzina, non posso arrivare a Vanino, ma tanto so сру c’e’ un distributore della AZS a pochi km, 70 da Vanino.

Finalmente arrivo, avro’ ancora 20km di autonomia al massimo…ma…

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Il distributore non c’e’, у quando arrivo cio’ сру ту rimane sono solo i piedi dei pilastri della pensilina…deserto attorno.

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Sono messo male.

Ho ancora 3-4 litri di 80 ottani da Ulan Ude, nella stagna d’emergenza. Cavolo, che fortuna!

Spero bastino…alla media dei 20km/l dovrei farne sui 60-70, a Vanino ne mancano 55 circa.

Con apprensione, arrivo in centro, e subito mi fiondo alla prima stazione di servizio, 24 litri di 80 ottani riempiono il serbatoio all’orlo, il margine era di poco piu’ di 20km, sono stato fortunato.

Qui decido di andare subito a fare il biglietto per il giorno seguente, la nave partira’ alle 12.

Arrivo al porto ma nessuno parla inglese. Mi dicono di aspettare. Cosa accadra’ ora?

Sento il borbottare di un bicilindrico..e’ un’Africa Twin: sara’ il mio angelo?

Eh si, e’ il mio angelo e si chiama Maks, fa parte dei Black Unicorns, motoclub locale, у mi aiutera’ ad espletare tutte le pratiche, impossibili da completare da soli!

Fatto il biglietto chiedo consiglio su dove alloggiare…no problem, ci pensa lui!

Vitto ed alloggio nella sede del motoclub, per la modica cifra di…0 rubli…tutto gratis per noi motociclisti!!!

Noi?

Si, noi, perche’ c’e’ assieme a me anche un tedesco su Transalp 650 сhe prendera’ lo stesso traghetto.

Motociclisti, strana meravigliosa gente.

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Tra le dediche sul libro del club trovo anche questi due italiani! Incredibile!

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Sveglia presto, ore 8 si parte per il centro, si espletano le ultime pratiche e poi colazione e spesa prima del traghetto.

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L’attesa e’ lunga, estenuante. Faccio una breve ricognizione, il ponte per l’accesso alla nave non e’ rassicurante, pieno di binari ferrati e con assi grosse e distanziate, non sara’ semplicissimo manovrare la moto qui.

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Finalmente arriva la nostra nave…in ritardo di 5 ore…che sale a 8 ore perche’ la locomotiva non ha gasolio e non puo’ tirar fuori i pochi vagoni caricati all’interno.DSC02128

Nel frattempo facciamo amicizia con Watanabe san, giapponese residente a Sapporo ma сру lavora a Yuzhno/Sakhalinsk. Schietto  e di poche parole. Sento comunque сhe nascera’ un’amicizia tra noi.

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Intanto pranziamo, in attesa del ritardo, ed il solito gruppo di russi su di giri comincia a parlare ed a domandare da dove veniamo, dove andiamo, etc. e finiscono come sempre per offrirci qualcosa: stavolta si tratta di un buon salmone arrosto con vodka  e dessert. Grandi.

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Via, ci si imbarca..ore 20, piuttosto delle ore 12 previste!

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Saluto la Russia continentale, e l’Eurasia, per la prima volta in vita mia, con l’ultimo tramonto su Vanino.

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La cena e’ compresa sulla nave, niente di speciale, ma il mio nuovo amico Hartmut, tedesco di 61 anni di Colonia, in viaggio da 3 mesi per l’Asia centrale e la Russia, sembra gradire, e’ un tipo сhe si accontenta di poco, un viaggiatore alla vecchia maniera!

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La cabina ha l’oblo’, per fortuna, e ci godiamo le ultime luci della sera prima di addormentarci su uno dei letti piu’ duri su cui abbia mai dormito.

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Ore 11. Sakhalin in vista.

Nuvole e frescura in arrivo.

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Arrivati al porto, la procedura e’ abbastanza veloce, siamo i primi a scendere.

Watanabe san perde le chiavi della moto…davvero atipico per un giapponese…! Un ufficiale della nave me le consegna e quando le riporto a Watanabe lui e’ contentissimo e diventa amicone. Si offre di farci strada per Sakhalin e di aiutarci a fare i biglietti per Hokkaido.

Si apre una breccia nel cielo, il celeste e’ macchiato solo da qualche candida nuvola, mentre ai lati un paesaggio selvaggio ed ancora apparentemente inesplorato apre le porte della mia fantasia.

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Yuzhno-Sakhalinsk e’ un grande villaggio, non si puo’ definire una citta’, come afferma la mia host Victoria; viene da San Pietroburgo e per lei il paragone viene ancora piu’ facilmente.

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Con Watanabe san arriviamo alla Bi Tomo per fare il biglietto.

Cominciano le sorprese: qui si fa solo il biglietto passeggeri (190 euro), per la moto bisogna andare a Korsakov. 40km.

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Watanabe san e’ gentilissimo e ci accompagna al suo ufficio, dove la sua segretaria Inna ci offre pranzo e the verde freddo. Ottimo.

Da qui partiamo tutti insieme per Korsakov, la gentilezza non ha fine.

Facciamo il biglietto (altri 85 euro) e ci spiegano сhe dovremo cambiare gli yen prima di arrivare in Giappone perche’ la restante parte del biglietto (25.000 yen, 180 euro, e sticaaa…) si paga a Wakkanai prima di uscire dal porto.

Oltre a questo si pagheranno 160 euro (22.000 yen) per l’importazione temporanea della moto senza carnet, comprensiva di 6 mesi di assicurazione. Entro un anno dovremo uscire.

Hartmut ha il carnet de passages en douane, e paghera’ “solo” 18000 yen (130 euro). Il carnet pero’ costa 300 euro…decisamente non conveniente!

Cosi’ in totale la traversata costa 455+160 euro, circa il doppio del previsto!!

Ma per fortuna сhe c’era Watanabe san, senza di lui avremmo perso soltanto molto tempo senza arrivare a niente!

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Vado a cambiare yen.

Ho solo le carte, praticamente ho finito i contanti.

Nessuna delle 3 funziona allo sportello, cosi’ devo ritirare al bancomat rubli per poi cambiarli. Il limite di prelievo e’ 7500 rubli per volta e quindi devo ritirare 3 volte per arrivare al totale di 47.000 yen, sommando 15 euro di commissioni.

Ho speso piu’ negli ultimi 3 giorni сhe nell’ultimo mese…piango!!!

I primi 60.000 yen sono in tasca al sicuro, comunque.

DSC02204Beh, oramai e’ andata cosi’, mi godo un po’ Sakhalin, prima da solo, e poi in compagnia di alcuni amici, alcuni bikers ed altri amici della mia host, conosciuti qui.

E’ incredibile come le occasioni di fare amicizia siano molto piu’ alte qui nel far east, dove la concentrazione di popolazione e’ molto piu’ bassa.

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Rimanete sintonizzati…

30 Agosto 2014.

Ore 14.00, fuso orario di Tokyo.
Ore 7.00, fuso orario di Roma.

Dopo quasi 20.000km, 77 giorni di viaggio, centinaia di persone e paesaggi ancora negli occhi e nella mente.

Il sogno diventa realta’.

– GIAPPONE –

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Categories: 2014, Racconti di viaggio

Far Eastern Siberia.

Il mio tempo qui ad Ulan Ude è agli sgoccioli.

Non sarà un addio semplice, dopo aver vissuto come in famiglia per oltre 8 giorni in questo modesto appartamento di periferia.

Tuttavia preferisco non pensarci, per adesso la cosa migliore è continuare a godere dei giorni rimanenti, e così approfittiamo per fare qualche attività riposante…e golosa!

Natasha prepara un dolce che sua madre è solita preparare per le occasioni speciali, molto semplice e d’effetto.

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Praticamente pan di spagna a cubetti, inzuppato nella smietana addolcita da zucchero e coperto da una cascata di cioccolato fondente fuso.

La variante introdotta da Natasha è stata una banana tagliata a dischetti.

Garantisco che era una specialità, l’ho finito praticamente da solo in 3 giorni!

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Per smaltire un po’, il giorno seguente ci dirigiamo verso il tempio buddista di recente costruzione, che si trova in cima ad una collinetta non raggiungibile via bus causa lavori in corso per la strada.

Musiche dalla melodia cinese sono diffuse da altoparlanti, mentre spose buriate sfilano con le amiche tiratissime per qualche foto dal punto più panoramico di Ulan Ude.

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All’interno, appena arrivati, i monaci si sistemano e cominciano a gorgheggiare, come solitamente fanno quando devono fare qualche celebrazione particolare.

In questo caso pregano per qualcosa o qualcuno, e le persone fanno la fila presso uno sportello apposito (pagando) per farsi stampare dei cedolini con le proprie preghiere da consegnare ai monaci che li leggeranno cantando e pregando; e qui svanisce anche la sacralità del buddismo, ridotta allo stremo di un negozio di preghiere.

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Usciamo in silenzio mai voltando le spalle al Buddha, guai se gli si rivolge la schiena.

Purtroppo a metà ci scappa una risata, perché Natasha mi indica una foto e mi spiega che quella era una persona di Ulan Ude, morta in un incidente…la interrompo e le spiego che quello in realtà è il Dalai Lama e non riusciamo a trattenerci…che figura, tutti a guardarci storto!

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Fine giornata in relax.

Mattina sveglia presto, ma non troppo, recupero della moto, sistemazione dei bagagli, con un rito lungo e quasi penoso, ultimo sguardo alla camera che mi ha accolto per così tanto, nessuna nostalgia adesso, ma sento che presto ne sentirò la mancanza.

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Saluti, a Natasha ed al babbo Vladimir. Ci rivedremo?

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Scendo in “paese” e non resisto: devo fermarmi nella “Lenina square” per fare almeno una foto con la più grande testa di Lenin al mondo.

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Chissà se gli entra l’Arai? Secondo me no…il diametro è circa 5m!

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La strada dopo Ulan Ude la conosco fino al cinquantacinquesimo chilometro, affrontata per andare a passare la nottata in tenda presso lo “sleeping lion”.

Non male, perfino meglio nei km successivi.

Sono partito tardi ed alle 17 incrocio per la seconda volta la Transiberiana, si vede davvero sporadicamente, io credevo che corresse a fianco della strada, ed invece non è così.

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Faccio altri 100km, poco più, poi mi rendo conto che sono già entrato nel fuso orario di Chita, +1 ora rispetto Ulan Ude, e così decido di fermarmi appena possibile.

Trovo un Kafe, chiedo se sia possibile dormire in tenda dentro alla loro recinzione: Da!

Sono visibile dalla strada ma all’interno di un’inferriata, mi sento sicuro abbastanza da dormire.

Mentre mi appresto a montare la tenda ecco che la nuvola nera che avevo reputato non pericolosa scarica un fiume d’acqua a terra, devo trovare riparo percé il parcheggio in cemento dove avrei dormito adesso assomiglia al Baikal in versione ridotta.

Mi sistemo nell’anti-banya (la banya è la sauna russa, molto in voga qui) e spero di non essere disturbato.

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Come non detto, fino ed oltre le 23.30 continua ad arrivare gente, oltretutto è pieno di insetti e ragni, decido di togliere le tende e di montare la mia in mezzo al parcheggio nella zona meno bagnata.

Il risveglio è piuttosto buono, non sento la sveglia ma mi alzo per le 8 e per le 9 sono pronto dopo un the caldo e wafer al cioccolato.

Purtroppo devo fare di nuovo i conti col torcicollo che mi perseguita da UU, sarà una lunga giornata di guida.

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Mi avevano avvertito che la strada sarebbe stata brutta: ebbene, non ho mai trovato una strada migliore di quella che da Chita va a Khabarovsk.

O forse si, solo quella degli Altai era migliore, ma questa è comunque ottima!

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Km #0 del lungo tratto di Transiberiana da Chita a Khabarovsk!

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Chissà quanti km potrò fare oggi, mi convinco che se le condizioni del fondo sono queste sarò capace di farne almeno 500.

Mi fermo a fare benzina. Qui costa molto di più rispetto alla Russia prima del Baikal, la 80 ottani si trova difficilmente e costa quanto la 92 ottani di Novosibirsk.

Devo rifare i conti per il budget da destinarsi al carburante.

Conosco due motociclisti che non esitano a fermarsi per salutarmi, sono di S. Pietroburgo e stanno andando a Vladivostok.

Cavolo, in due su una moto, non riuscirò mai a capire come si possa fare a caricare il bagaglio e a non rischiare la vita ogni giorno per queste strade in 2!

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Pausa pranzo. Mangio della carne con il pane che mi aveva comprato Vladimir, il padre di Natasha, ed una delle uova che Natasha mi aveva lessato, in questo modo durano fino a 2 settimane, a seconda del clima ovviamente.

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Riparto.

Faccio pochi metri e un cartello mi desta l’attenzione. Non ci credo, ogni volta che leggo queste distanze rimango sbalordito.

Vabeh.

Dai, soli millenovecentonovantanove chilometri a Khabarovsk.

E che vuoi che sia.

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La strada è dritta, l’asfalto scuro, recente, a volte si sente ancora il profumo del catrame, l’umidità lo fa salire alle narici.

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Ogni tanto mi trovo a tu per tu con la moto.

Stai facendo un gran lavoro, grazie di avermi portato fin qui senza mai rogne.

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Alla fine della giornata, che reputavo impossibile terminare a Mogocha, eccomi qui dopo 750km circa.

Le medie che si possono temere qui sono altissime e per strada non c’è praticamente nessuno, un vero paradiso del silenzio e della solitudine.

Mogocha è un paese piuttosto grande per la media dei villaggi (pochi) che si incontrano qui nel Far East, e vi trovo una confortevole gastinitsa per 800 rubli.

Appena scoprono che sono italiano, come sempre accade, mi cominciano a raccontare che amano Celentano, Albano, Toto Cutugno: ormai anche io conosco a memoria le loro canzoni pur non avendoli mai ascoltati!

La simpatia che suscito mi permette di mangiare pure a gratis…grazie!

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La mattina l’atmosfera è da film horror: nebbia, ancora un po’ buio, sono appena le 7 e dalla finestra vedo questo.

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Riparto, non molto riposato e con il collo ancora dolorante, chissà quando mi passerà, finché l’umidità relativa si attesterà ancora al 100% come già da due giorni accade, forse mai!

Il panorama è spettrale, ma suggestivo.

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Mi fermo ad Amazar, uno dei villaggi più grandi della zona, dopo aver incontrato per strada alcuni motociclisti australiani che già avevo incontrato ad Ulan Ude, senza presentarmi però.

Faccio due chiacchiere con il “boss” e capisco che si tratta di un tour operator di viaggi in moto; ci scambiamo i contatti, chissà mai che un giorno l’uno non abbia bisogno dell’altro – a buon intenditor poche parole!

Amazar doveva essere la mia frugale pausa pranzo, si è invece trasformata in una regale sosta presso la casetta in legno di questo caro signore, Victor, che mi ha offerto dell’ottima carne di cavallo (ora ho provato anche quella!) corredata di insalata e le immancabili patate in padella.

E’ molto simpatico ed accomodante, ed alla fine mi regala pure della marmellata casalinga di lamponi: la adoro!!!

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E’ un fan di Putin e ricorda con nostalgia l’URSS, uno alla vecchia maniera, ex militare, ed è fiero di mostrarmi alcune delle sue foto da marine, anni passati tra Kamchatka, Vietnam ed Etiopia.

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Riparto.

Il silenzio del Far East mi stupisce ogni volta che mi fermo, il traffico è finalmente scarno e vedo una macchina ogni 2-3 minuti in media, che è molto, considerando che ci veniamo incontro circa ai 100km/h.

Le foreste corrono spesso lungo la strada. Betulle e abeti.

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E’ tardi, ed a pochi km da Shimanovsk trovo, neanche a farlo apposta, un Kafè che sembra soddisfare i miei requisiti di sicurezza.

Chiedo come al solito se sia possibile piantare la tenda, annuiscono, ma mi suggeriscono la loro gastinitsa.

Gli faccio capire che non voglio spendere i miei “dienghi” e così accettano di farmi dormire accanto al Kafe.

Per imbonirmeli mangio da loro, shashlick di maiale con cipolle e due fette di pane non troppo fresco.

La mattina la sveglia è per le 6 in punto, quando mi sveglio la foschia aleggia attorno a me, vedo forse per la prima volta in questo viaggio l’alba.

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Come si alza il sole anche la nebbia comincia a salire. Qui nel Far East il punto negativo è sempre questo, l’umidità.

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Una rana sembra attendermi per essere fotografata con la calda luce del risveglio.

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Riparto.

Dopo la nebbia il tempo si dice sia buono lassù, ma i km da fare sono tanti, e prima o poi dovrò pur beccare di nuovo acqua.

Così è. E’ un giorno bagnato oggi.

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Giorno bagnato in cui festeggio i 70.000, approssimati, km di questo motore.

La ciclistica ne ha ormai oltre 110.000. Mitica Hyper Ténéré!

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L’ultimo attraversamento della ferrovia.

Di là, a pochi km, c’è Khabarovsk. E l’Amur.

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Sergei mi aspetta al primo distributore col suo SX4 arancione.

In pochi minuti siamo a casa sua, dove ceno e faccio due chiacchiere con questa famiglia russa che mi ospiterà per i prossimi giorni a Khabarovsk.

Sto bene. Alla grande. Solo un po’ stanco, la stanchezza di oltre due mesi di viaggio.

Ma c’è qualcosa che non va, qualcosa non mi torna. Ho messo tra me e Ulan Ude 2800km in soli 4 giorni, tutto è filato liscio.

Sento di aver dimenticato qualcosa lì…

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