Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti... T. Terzani

Mongolia. Storie di un altro mondo.

Saluto Liza, ottima host CS, direi forse la mia preferita per gentilezza, nonostante non parlasse bene inglese.

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La strada da Novosibirsk in poi sembra buona, ma la pioggia mi coglie di nuovo, regalandomi la solita sensazione di depressione: odio la pioggia quando viaggio, non mi permette di fare i km che voglio, niente foto o quasi, umido addosso..

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Lascio l’Oblast di Novosibirsk ed entro nel Krai di Altai (Oblast è il nome delle regioni interne, Krai quello delle regioni di confine).

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Devo ripiegare sulla solita gastinitza, soliti 1200 rubli. E’ pulita ed accogliente, ma l’indomani forse sarà ancora brutto tempo, chissà, intanto i pensieri non sono dei migliori…

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La mattina mi sveglio di buona lena, alle 6.30, per percorrere tutti i 550km che mancano al confine, ed il dolce che mi aveva preparato Liza il giorno prima è un’ottimo carburante per partire bene.

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Entro nella Repubblica di Altai ed il paesaggio si fa interessante, cominciamo a salire e ai lati si ergono montagne sempre più verdi ed alte.

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La mia media si attesta sugli 80, per preservare le gomme che mi avevano avvertito essere molto morbide e poco durevoli.

Questo fa sì che mi superino diversi mezzi, non ci faccio caso, finché ad un certo punto non mi superano due moto…interessante, un Transalp ed un’Africa Twin, con tutta l’apparenza di andare verso la Mongolia: li seguo accelerando un po’.

Si fermano, mi fermo anche io – “Are you going to Mongolia?” “Yes, you?” “Me too!” “Ok let’s go!”.

Amo il popolo motociclistico, 2 parole e ci siamo già intesi. Loro sono una coppia sposata ed un amico, Ungaro-Rumeni.

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Il Katun, fiume che dalla Mongolia scorre verso la Russia attraverso gli Altai, ha acque veloci e torbide, che ogni tanto danno luogo ad anse e paesaggi spettacolari come questo.

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Si prosegue, arriviamo a Kosh Agach, dove dormiamo in una camera tripla, ma in 4, spendendo 500 rubli a testa, non male. Ultimamente le Gastinitza sono molto pulite e c’è il divieto di entrare con le scarpe/stivali.

La mattina dopo riprenderemo il cammino verso Tashanta, mancano solo 50km ed oggi, Domenica, la frontiera è chiusa.

La mattina non c’è corrente, mancava dalla sera, ma pensavamo la “spengessero” per risparmiare in queste regioni così remote, invece è un blackout della regione intera ed i generatori sono accesi per mandare avanti le attività più importanti come polizia, ospedali etc. ma nel supermercato i conti si fanno con la calcolatrice e la coda si allunga.

Si arriva a Tashanta, che emozione, siamo quasi in Mongolia!

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La coda per la frontiera è lunga, e non si salta pur essendo mezzi “leggeri”, così attendiamo diverse ore, e nel frattempo ci raggiungono altri 3 motociclisti con BMW GS e…sono italiani, di Torino, incredibile!

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Facciamo gruppo ed espletiamo insieme le pratiche per il passaggio in terra mongola, che ci rendiamo conto essere così lunghe perché i cittadini dell’Asia centrale viaggiano stipati come sardine in piccoli van che trasportano di tutto, e così la polizia deve fare molta attenzione agli eventuali trafficanti.

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Ci siamo…gli ultimi km di sterrato, gli ultimi controlli alla frontiera mongola e….MONGOLIA!

Gli ungaro-rumeni ci hanno lasciati perché volevano sistemarsi presto per risolvere un loro problema alla moto, forse li ritroveremo strada facendo.

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Appena entrato l’aria che si respira è già diversa.

Comincia lo sterrato, e come benvenuto troviamo un Land Cruiser rovesciato con una gran botta davanti, e due corpi coperti a fianco, mentre una trentina di persone ai bordi della strada piangono, con solo un poliziotto addetto al controllo.

I miei nuovi compagni arrivano: Guglielmo, Alex e…manca Damiano?

Torniamo indietro, è caduto, e sta sistemando la borsa sinistra sulla moto, che nella caduta ha rotto il supporto (in plastica!) che la teneva appesa al telaio.

Decidiamo di fare pochi km per fermarci a dormire e svegliarci presto per permettere un cambio gomme e la riparazione della borsa.

Ci fermiamo nel primo villaggio, e mentre facciamo benzina arrivano dei bimbi come mosche sul miele: ci si appiccicano e non si staccano finché non gli regalo degli adesivi.

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Le facce sono Kazakhe o forse Uzbeke, occhi a mandorla ma visi caucasici.

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Un mongolo che era alla pompa di benzina si propone per “ospitarci”, la cifra è 10.000 Tugrit per vitto ed alloggio, 4€, mica male, lo seguiamo!

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La cena è a base di palline di pane, burro rancido che a dire il vero non ha un gran sapore, riso e carne di pecora, e poi la specialità: latte di cavalla!

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Il latte di cavalla non è pastorizzato e ce lo servono come una prelibatezza. Vi descriverò il suo sapore.

Sembra di bere yogurt irrancidito allungato con acqua, frizzantino e dal retrogusto di lievito di birra. Pessimo…le nostre facce non mentono ed i mongoli ridono.

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Noi gli facciamo assaggiare il caffè, senza zucchero. Le parti si invertono e le facce schifate stavolta le hanno loro.

La mattina cambiamo le gomme, ma prima c’è una sorpresa: il latte di cavalla non era offerto, ma andava pagato a parte! Ci chiede altri 10.000 Tugrit a testa, gliene diamo 5.000 e si accontentano salutandoci con gran sorrisi.

Arriviamo dal gommista. Ma dove è il gommista?

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Si, il gommista è lui, avrà 10-12 anni, ma ha una padronanza della tecnica straordinaria per la sua età…se pensiamo a cosa fanno i nostri dodicenni…beh…

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La strada si fa sterrata dopo circa 40km, ci aspettiamo che la Mongolia sarà tutta così per migliaia ancora.

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Ogni circa 3-400km si presenta una “città” con i servizi più importanti e tratti più o meno lunghi di asfalto.

Olgii. I bambini continuano a correrci incontro come matti, come se vedessero dei campioni della Parigi-Pechino.

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Il paesaggio  è mutevole, si vedono laghi, montagne e sullo sfondo ogni tanto anche della neve.

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Qui hanno tutti motociclette cinesi da due lire, viaggiano da un minimo di due ad un massimo indefinito generalmente attorno a 5, e senza casco.

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La segnaletica è in cirillico. Menomale, il mongolo antico è come l’arabo, solo che si scrive dall’alto verso il basso.

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Si trova sabbia lungo il tracciato, si ha difficoltà ogni tanto a gestire la mole di queste moto.

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Ad un certo punto scorgo qualcosa di davvero interessante, sembra un falconiere, con un’aquila, e suo figlio a gran gesti mi invita giù da loro. Vado.

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Mi indica il lazo con cui è tenuta l’aquila, io rifiuto, ma il padre mi mette a sedere su un piccolo cumulo, forse di m***a, e senza darmi tempo di pensare mi ritrovo col guantone e l’aquila a pochi cm dalla faccia. Ha degli artigli come dita ed un’apertura alare pazzesca. Che bella.

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Ci chiede 5000 Tugrit mentre torniamo alle moto…ma qui si paga tutto! Gliene do 1000 e saluto.

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I cavalli sembrano in cattività ma in realtà sono tutti marchiati, però pascolano liberamente.

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Si aprono, ogni tanto, gran dirittoni, do fondo all’8 e mezzo raggiungendo anche i 120 orari.

Le buche che compaiono senza preavviso, a causa delle ombre inesistenti o quasi, mi convincono a desistere e mantenere una media più bassa.

Il toulée ondulée è presente quasi ovunque. Per evitare vibrazioni si devono tenere gli 80-100, ma il problema delle buche suggerisce di vibrare un po’ ma mantenere la sicurezza.

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Oggi facciamo anche 3 guadi, il peggiore sarà una 40ina di cm con bei sassoni sul fondo.

Alex col suo 1100 lo fa senza problemi, io pure, ma Guglielmo e Damiano hanno qualche problema.

A Guglielmo si spenge la moto perché dell’acqua è entrata nei condotti aria, e dobbiamo portarlo a riva a spinta, mentre Damiano cade all’ultimo ed anche lui imbarca acqua. Spinta.

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Le moto ripartono dopo una decina di minuti, mancano decine di km al prossimo paese ma è quasi buio, decidiamo comunque di tirare per arrivare a Khovd.

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Non vediamo quasi niente e gli ultimi 5km sono una vera e propria pista di sabbia, è difficile tenere le moto dritte e Damiano cade di nuovo, senza conseguenze.

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Ci accampiamo finalmente al limitare della città, nel campo Gher.

Un bambino esce fuori e chiediamo di dormire, permesso accordato…esce poi anche la mamma, chiediamo di nuovo “Can we sleep here?”  e lei fa “Of course!”.

Rimaniamo stupiti. Qui, che parlano inglese?

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La notte si fa fredda, ci chiudiamo nelle tende dopo una cena condivisa.

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Categories: 2014, Racconti di viaggio

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